COMUNE DI BOLLATE

Censimento dei Beni Architettonici

Bollate ha un patrimonio edilizio molto articolato e singolare, nel quale si leggono ancora tracce storico – architettoniche che spaziano dal Medioevo al Novecento e che per noi è doveroso conservare e tutelare.
Il primo strumento per la salvaguardia di questo patrimonio diffuso è la conoscenza del suo valore, ed è con questo obiettivo che è nato, in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria – Dipartimento delle scienze teoriche e applicate, il presente lavoro, un vero e proprio censimento dei beni storici e architettonici, anche non vincolati, presenti sul nostro territorio.
Un progetto importante, che ha riguardato la mappatura di circa 800 beni esistenti in città, antecedenti al 1950. Per ogni edificio sono state realizzate singole schede corredate da immagini. Tutto il materiale prodotto è ora disponibile on line per la consultazione di tutti i cittadini.
A realizzare il lavoro di mappatura sono stati giovani ricercatori dell’Università dell’Insubria, coordinati dal professore bollatese Andrea Spiriti, Ordinario di Storia dell’Arte Moderna dell’Università degli Studi dell’Insubria e già autore di ricerche sui beni storici del nostro territorio.
Pensiamo si tratti di un lavoro utile non solo per l’analisi metodologica e capillare del patrimonio edilizio cittadino, ma è soprattutto uno strumento in più a disposizione di tutti i bollatesi per la conoscenza della nostra città, con l’obiettivo di conoscerla per tutelarla.

Francesco Vassallo
Sindaco di Bollate

BOLLATE COME BENE CULTURALE: METODOLOGIA DI UNA SCHEDATURA

Di origine perlomeno romana (resta da intendere se come pagus o come semplice presenza di edifici per lo sfruttamento agricolo), Bollate è luogo di antica cristianizzazione, come dimostra la probabile origine nel V secolo della chiesa poi plebana di San Martino vescovo, uno dei santi di più radicata venerazione ambrosiana, nel sito dell’attuale edificio sette-novecentesco. Il dato singolare, che si elabora con ogni probabilità nel XII secolo (e in specie nel corso della guerra decennale fra Milano e Como, 1118-1127) e che rende il sito diverso dalla netta maggioranza di quelli viciniori, è la bipolarità urbana: la presenza cioè a Ovest della parrocchiale martiniana (di cui sopravvive parte del campanile tardoromanico), con il suo singolare orientamento a Nord dovuto alle diverse modifiche secolari, e ad Est di un sistema castellano a guardia del Pùdiga e degli assi viari (non ancora organizzata l’attuale Varesina) verso Novate e dunque verso Milano: sistema che ancora sopravvive nel castello Arese di via Piave e nello stesso edificio comunale, la cui area si sovrappone alla seconda emergenza militare. Alla stessa logica di militarizzazione territoriale appartengono la torre di Castellazzo poi adattata a santuario della Famèta e il vicino sito toponimo, sul quale sorgerà poi la grande villa Arcontati Crivelli.

La pace visconteo-sforzesca si concretizza nella diminuzione delle funzioni militari e dell’unificazione dei due nuclei militari con un articolato sistema di cortili ed edifici: lo storico Cantùn Sciatìn, purtroppo in gran parte distrutto (e ogni commento risulta pleonastico) a fine anni Ottanta del Novecento; ed è perdita gravissima di uno straordinario nucleo urbano che includeva (come dimostrano resti importanti quali la Boscareccia e la Cascina San Fermo; o i resti cinquecenteschi di via Cavour; o gli stessi Castello Arese e Palazzo Seccoborella) una fitta stratigrafia edilizia, la cui irreparabile lacuna è certo fra le più dolorose mai subite da Bollate; il che peraltro rende prezioso il plastico oggi nel Palazzo Municipale. Pare coeva l’organizzazione urbana del preesistente asse (odierna via Magenta) che unisce polo militare e polo religioso, proseguendo poi verso i nuclei viciniori. In parallelo si pongono le cascine più antiche (la cui presenza di viene poi toponomastica) e i nuclei religiosi delle odierne frazioni. La vicenda muta in età spagnola (1535-1706) con l’infittirsi del tessuto urbano, l’erezione di molte strutture ancore esistenti, la ricostruzione della parrocchiale e soprattutto la fondazione, voluta dai predominanti Arese, del santuario della Madonna in Campagna, all’epoca isolato ma dal Novecento perno urbanistico. In parallelo, la grande vicenda di villa Arconati poi Crivelli al Castellazzo, con le due fasi sei e settecentesca a realizzare uno dei complessi più significativi del Nord-Milano. Il Sette e l’Ottocento vedono sì le continue ricostruzioni e ampliamenti, ma anche, nella seconda metà del XIX secolo, la creazione dei grandi impianti industriali la cui dismissione crea oggi vaste aree di problematico utilizzo; e così il Novecento è segnato da una fitta attività edificatrice che tuttora continua. Il problema è la tutela del patrimonio culturale ancora esistente, con una differenziazione normativa. Da un lato infatti abbiamo i beni di proprietà pubblica e quelli di proprietà ecclesiastica, vincolati de iure alla scadenza convenzionale dei cinquant’anni (ossia, al presente, se realizzati entro il 1970); dall’altro abbiamo i beni di proprietà privata vincolati con atto specifico, in pratica la sola villa Arconati Crivelli al Castellazzo.
Ma poi ci sono, ed è lo scopo del presente lavoro, i numerosissimi beni culturali minori e minimi: talvolta interi edifici, talaltra porzioni o addirittura singole emergenze (un muro, una fontana, un arco d’ingresso …); per arrivare così alle oltre quattrocento schede dle presente lavoro. Ovviamente non si può ipotizzare un vincolo sistematico, potenzialmente raggelante lo stesso sviluppo urbano; ma si deve catalogare tutto l’esistente. I fini sono palesi: la conoscenza sistematica anche di ciò che un domani dovesse risultare sacrificabile e la sua permanenza quale memoria storica; l’informazione ai cittadini (vedi oltre), primi custodi dei beni della comunità civile; l’informazione agli Uffici comunali per operare con piena conoscenza in caso di richieste edilizie e in generale di scelte urbanistiche. Va però segnalata una categoria particolare, che si sottopone all’attenzione della Pubblica Amministrazione. La Palazzina di Caccia viscontea presso la Cascina San Fermo (via dei Romani / piazza Aldo Moro) è vincolata dal 1956 per la sua eccezionale rilevanza, in quanto l’unico edificio quattrocentesco bollatese ancora esistente: e ne sarebbe quindi importante la valorizzazione ancorchè di proprietà privata. Lo stesso discorso vale per il Castello Arese (via Piave), con le sue tracce trecentesche, la funzione storica e la cappella con gli affreschi manieristici dei Pozzi; e con in più l’utilità di avviare una procedura di vincolo. Si rileva altresì come due beni già vincolati in quanto di pubblica proprietà, ossia la Casa del Fascio di piazza Marx e Palazzo Seccoborella (attuale Biblioteca Comunale), meritino particolare interesse per un uso volto, specie nel primo caso, a valorizzarne l’alta qualità architettonica: si tratta infatti rispettivamente del più importante edificio razionalista di Bollate (degno di confronto con fenomeni ben noti e studiati come i casi omologhi di Garbagnate Milanese e Lissone) e di un complesso bassomedioevale e manieristico con un notevole ciclo pittorico dei Pozzi di Valsolda. Dal 2006 è riconosciuto l’importante carattere artistico (l. 633/1941, art. 20 e successive norme t.u.) del Quartiere IACP di via Turati, opera di Canella e Maresca e come tale inserita nel pieno del dibattito italiano ed europeo. Lo si ribadisce giacché le pur legittime e spesso diversificate considerazioni di carattere sociale non possono far dimenticare l’intrinseco valore culturale dell’opera. Degne di segnalazione, anche in assenza di vincolo, quelle situazioni microurbane dove il singolo edificio è parte di una seriazione sistematica (esemplare il caso delle villette di via Gramsci), e dove dunque qualsivolgia intervento dovrebbe tenere conto non solo della situazione dello stabile in sé, ma altresì della dialettica visiva con quelli che ne condividono la tipologia.
Con queste premesse metodologiche, il gruppo di lavoro presieduto dallo scrivente ha esaminato l’intero territorio comunale attuale di Bollate, censendo tutti gli edifici databili entro il 1970 (e includendo ovviamente le situazioni a cavaliere iniziate prima o entro tale date ma ultimate in seguito, ove la sequenza sia continuativa e ragionevolmente ravvicinata), inclusi per completezza quelli già vincolati. Ovviamente tale censimento è di fatto ad abundantiam: includendo cioè numerosi nuclei abitativi non particolarmente rilevanti, testimoni della ricostruzione post-bellica, dello sviluppo del “Miracolo economico” e dei flussi migratori interni. Si rileva tuttavia come quanto oggi può parere seriale è destinato comunque a storicizzarsi; e come d’altro canto il limite cinquantennale corrisponda alla prassi catalogatoria ministeriale proprio per evitare che quanto a fatica appena storicizzato finisca indistintamente nella categoria del distruggibile e non in quella del ponderato giudizio singolo. Né va dimenticato come spesso una facies oggettivamente recente, anonima e non degna di conservazione celi frammenti più antichi; e come un conto è il valore assoluto di un edificio, un altro la logica microurbana. Dopo l’esempio positivo di via Gramsci (ancora ben leggibile, malgrado singole riqualificazioni discutibili, nel suo assetto tardo-eclettico) cito quello problematico di via Magenta, dove la sequenza sette-ottocentesca orizzontale e viaria delle cascine urbane (tipologia di suo rilevante) è stata interrotta da strutture e portico e a sviluppo verticale, certo rispondenti a esigenze abitative ma interrompenti una sequenza di binuclearità urbana che altrimenti sarebbe giunta intatta; per non parlare del quasi integralmente demolito (e in anni non remoti) Cantùn Sciatìn, dove l’oggettiva mediocrità degli interventi edilizi coesisteva con l’eccezionalità qualità di un sistema a corti comunicanti, peraltro poggiante sul sistema difensivo bassomedioevale (oltretutto non indagato archeologicamente) e fra i pochi esempi allora superstiti.
Credo che tali esempi giustifichino ampiamente l’utilità di un lavoro a tappeto, che si è poi concretizzato nella realizzazione sistematica, raggruppata per vie e numeri civici d’accesso al fine di renderne agevole la lettura, di una schedatura rispondente a molte delle voci della catalogazione ministeriale vigente in materia di Beni Culturali Architettonici: in concreto, la scheda generale con le foto relative. Questo, oltre a consentire un dialogo e un travaso di dati, permette in effetti di rispondere a tutte le domande fondamentali sull’edificio: definizione tipologica, qualificazione, denominazione, localizzazione, cronologia, definizione culturale, conservazione, restauri, impianto strutturale, pianta, descrizione generale, notizie storico-critiche, condizione giuridica, fonti e documenti di riferimento, bibliografia e i dati di accesso. Il materiale risulta quindi fruibile, una volta collocato nel sito comunale, sia in termini analitici sia in termini comparativi e tipologici giacché, con una semplice query, si può ritrovare l’intera ricorrenza tipologica su scala comunale. Ovviamente sono necessarie alcune precisazioni. Il sopralluogo è stato sistematico e analitico, ma ha riguardato gli esterni più che gli interni: sia per ragioni tipologiche (sono i primi a riguardare l’impatto urbano, e statisticamente vengono meno manomessi dei secondi, in specie per ragioni di vivibilità) sia per gradi diversi di disponibilità dei proprietari.
La ricostruzione documentaria analitica delle vicende delle centinaia di edifici coinvolti è semplicemente impossibile, sia per carenza della documentazione archivistica, sia per frammentazione delle notizie, sia per il carattere privato delle medesime: è chiaro infatti che in molti casi il solo dato stilistico (con le necessarie approssimazioni) può fornire una collocazione cronologica plausibile. In questo senso risulterà preziosa la messa on-line sia per l’informazione ai cittadini sia per l’operazione inversa: sarà infatti attivo un modo diretto, a verifica periodica, di fornire utili indicazioni a integrazione o correzione di singoli dati. Tuttavia l’eventuale incompletezza o inesattezza non va a detrimento del progetto globale: quello cioè di restituire una visione complessiva di quanto è oggi ancora percepibile dell’edificato a Bollate dal XII al XX secolo, consentendo alcune macrostatistiche di ricorrenze e di tipologie; e insieme di far intuire quanto di proprio ci sia a Bollate, comune certo alle esperienze urbane limitrofe e in generale di area, ma anche tipicamente bollatese.

Prof. Andrea Spiriti
Ordinario di Storia dell’Arte Moderna
Università degli Studi dell’Insubria